“Il nucleo della filosofia sta in certe questioni che lo spirito riflessivo umano trova naturalmente sconcertanti, e il modo migliore per cominciare lo studio della filosofia è pensarci sopra direttamente.” (Thomas Nagel)
Cos’è la filosofia?
Filosofia deriva dal greco “philosophia“, composto dal verbo “philein” (amare) e dal sostantivo “sophia” (sapienza, verità). E infatti in origine la filosofia è l’attività del pensiero attraverso cui si ricerca la conoscenza, la disciplina che affronta le grandi questioni, come la ragione, il linguaggio, l’etica.
Una disciplina nata dal dubbio. Ovvero dalla necessità di mettere in discussione significati, spiegazioni e fenomeni in cui fino ad allora si era creduto ciecamente.
Una disciplina nata dalla meraviglia, secondo Platone e Aristotele. E cioè dallo stupore di fronte ad argomenti che altri considerano ovvi.
Nei secoli, la filosofia si è occupata di tematiche generali e fondamentali: la natura della conoscenza, il rapporto mente-corpo, il rapporto mente-ambiente, il confine tra giusto e sbagliato, la disposizione a compiere il male, il libero arbitrio, il significato della vita…
Come scrive Salvatore Veca, nel tempo filosofi e filosofe hanno tentato di rispondere a domande ricorrenti, che riguardano «che cosa possiamo sapere, che cosa dobbiamo fare e che cosa possiamo sperare.»
Attualmente, la filosofia si occupa per lo più di chiarire questioni e problemi di ambiti disciplinari specifici, operando in sinergia con le altre scienze.
Qual è la specificità dell’approccio filosofico?
La filosofia si pone domande di senso. Consiste in un atteggiamento meravigliato verso la realtà, nella pratica costante del dubbio, nell’esercizio del pensiero critico.
Filosofico è, allora, l’approccio di chi si sporge oltre ciò che è comune, solito, certo e ovvio, mettendo in discussione le proprie (e altrui) convinzioni e categorie concettuali, interrogandosi sui propri (e altrui) pregiudizi e automatismi, allargando il proprio (e altrui) sguardo sul mondo.
Un approccio curioso, critico, di ricerca appassionata, che promuove quelle che Manuela Limonta chiama “competenze filosofiche“: concettualizzazione, argomentazione, giudizio, valutazione e sensibilità morale. Ovvero «competenze trasversali, speciali e durature, che non necessitano di aggiornamento e che, se debitamente allenate, possono contribuire alla fioritura della persona permettendole un migliore inserimento nella realtà e un miglior sviluppo della propria identità».
A cosa (mi) serve la filosofia nel mio lavoro?
Credo che Socrate, il filosofo per antonomasia, possa essere considerato il primo consulente.
Camminava per le strade della sua città, Atene, e ingaggiava insolite conversazioni. Interrogava i suoi interlocutori su qualcosa che ritenevano ovvio e, di domanda in domanda, li portava oltre la “doxa” (opinioni, credenze, pregiudizi), coinvolgendoli in ragionamenti ampi, profondi e complessi.
Il principale contributo che la filosofia dà al mio lavoro è l’entusiasmo di chiedere e chiedermi, come faceva Socrate, “cos’è?“.
- Cos’è giusto? Cos’è buono? Cos’è normale?
- Cos’è la scienza? Cos’è il sapere? Cos’è la ragione?
- Cos’è il lavoro? Cos’è il tempo libero? Cos’è il successo?
- Cos’è il benessere? Cos’è la cura? Cos’è il bene comune?
Questo esita in un certo modo di condurre il colloquio e di stare in aula: curioso, flessibile, maieutico, collaborativo, non giudicante, concentrato, approfondito, rispettoso delle differenze e della complessità.
E, al contempo, esita in un certo tipo di rapporto con la mia professione: riflessivo, ermeneutico. Cerco di comprendere cosa faccio, cosa sto facendo. Non secondo una logica performativa, di ottimizzazione ed efficientamento, bensì in una ricerca di senso.